giovedì 13 febbraio 2014

PORTINAIA, PORTINAIA ...

I luoghi comuni, si sa, un fondamento dovranno pur averlo …
Ora, è cosa nota a tutti che la categoria portinai/portinaie è composta esclusivamente da stracciaballe di altissima qualità.

L’unica maniera per rapportarsi con loro è a mio avviso egregiamente riassunta in questo breve video:



Tuttavia, quando si ha a che fare con un esemplare particolarmente ostico, anche la metodologia sopra esplicata potrebbe non servire.
Io, che sono sempre fortunella, ho la disgrazia di dividere parte del mio spazio vitale con la portinaia più incazzosa del globo.
Per carità, quando le serve qualcosa, è un tesoro. Peccato che non si capisca la metà di quello che dice.
Per esempio, l’altro giorno, mi ferma e mi fa:”Senti, tu che sei taaaaaanto intelligente, mi aiuteresti a risolvere un problema?”
Eccola là. E sssentiamo il problema, dai.
“Mi è caduto il Galassi.”
Breve momento di riflessione per cercare di capire cosa intenda con “Galassi”. Ok, fatto, sarà il Galaxy …
E?
“E si è spento e non posso riaccenderlo perché non mi ricordo il pin.”
E?
“E non me lo puoi guardare te su interné?”
(Lasciamo perdere l’interné). Ma sarò pure intelligente, ma cara, questa cosa che tu mi chiedi non si può mica fare, sai?
Ecco, l’ho fatta incazzare di nuovo.
Infatti oggi è ricominciata, presumo per rappresaglia, una faida che allunga le sue radici negli anni scorsi.
Infatti, due anni fa, dopo avermi fatto il mazzo perché il mio zerbino le dava fastidio (gli altri non ce l’hanno perciò rovina la simmetria dei pianerottoli) mi ha “gentilmente” domandato se col cane posso scendere in ascensore perché se no perde peli per le scale.
Dato che il mio cane non soffre di alopecia ed è a pelo raso, vien da domandarsi che quantità ingestibile di follicoli morti possa seminare nei 25 secondi che impieghiamo ad arrivare al portone.
Che tra l’altro mio padre quando l’ha saputo si è preoccupato e si è sentito in dovere di domandarle se lui le scale le può fare, dato che inizia a perdere i capelli.
Bene, come vi dicevo, oggi, dopo che mi sono dimostrata inutile nella risoluzione del dramma pin del telefono, si inviperita FORTE perché adesso le scale non posso farle nemmeno più io perché LEI LE PULISCE, CHIARO?!
Ora ho un po’ l’ansia. Devo andare a fare la spesa e se per quando torno ha fatto le pulizie anche in ascensore, mi sa che dovrò raggiungere casa mia facendo arrampicata libera da un cornicione all'altro con le buste a tracolla.
Beh, tanto sto solo al quinto.
Sai che ti dico portinaia?
Spero proprio che la prossima volta il GALASSI ti cada nel cesso.

lunedì 16 dicembre 2013

LA CASA MATTA







Mia madre lo dice sempre: “manicomio sta scritto di fuori”.
Significa che i matti che stanno all'interno non sanno di esserlo.
Io personalmente, invece, lo so.
Il condominio dove abito è una gabbia di pazzi mica da ridere.
Ma affrontiamo la questione come merita, piano per piano.
Al piano terra c’è la portinaia, però lei merita un momento tutto suo.
Al primo piano si parte già con ricchi premi. Qui troviamo uno studio legale che garantisce un viavai di criminali pressoché costante. Delle facce che ti vien solo voglia di ingoiare il portafoglio per risputarlo solo nella sicurezza del bagno di casa chiuso a chiave. Gli altri di solito si rifugiano nel portone. Io son più tranquilla quando mi chiudo fuori. Accanto allo studio legale vive una graziosa famigliola composta da mamma, papà e due pargoli. Carini, ma carini da matti. Peccato che nove volte su dieci, quando scendo a piedi e passo davanti alla loro porta, si sentano uscire da lì dentro delle urla che neanche a Forum. I CARINI si scannano come non ci fosse un domani. Roba che in confronto i Roses facevano una bella coppia. Se i carini junior han preso dai genitori, non dubito che la vicinanza allo studio legale tornerà presto utile.
Al secondo abbiamo il fiore all’occhiello del palazzo. L’onoratissimo consolato di *************. La presenza di tale egregio consolato garantisce, soprattutto in determinati periodi dell’anno, un afflusso di arrapati di prima. Che gioia trovare già davanti al portone una bella fila di disgraziati con la bava alla bocca. Che fortuna dover passare in mezzo alle loro fila, chiedendo “permesso” accompagnate da scampoli di forfora e grugniti ansimanti. Che benedizione poi, poter ascoltare le utilissime informazioni di viaggio che si scambiano davanti alla porta dell’ascensore. Non viene neanche voglia di passare il diserbante sulla maniglia prima di toccarla.
Al terzo piano vive la strana coppia. Lei, una signora a modo, tanto simpatica. Lui, un barattolo di un metro e venti ricoperto di raffinatissimi tatuaggi fin sul collo, accanito fan del Manchester United, quotidianamente in divisa da hooligan. Non ho ancora ben capito che lavoro fa, però mi è capitato di cuccarlo a bazzicare in mattinata nei pressi della stazione. Bah.
Eccoci al quarto. Altro studio legale (ma daaaaai?!) e l’immancabile ubriacone del villaggio. Detto soggetto attacca col giro dei bar sin dall’apertura mattutina. Del resto si sa che con un bianchino (o quattro) la giornata parte col piede giusto. Devo ammettere che, malgrado le apparenza non esattamente grandiose, paragonato al resto dei condomini è anche passabile. Almeno saluta. L’unica cosa che devo dire è che prendere l’ascensore con lui per quattro piani ti sballa come una serata ai Murazzi. Lui emana signori, oh se emana.
Mi rendo conto che il meraviglioso microcosmo in cui vivo non può essere compresso in un solo post, perciò i restanti cinque piani li troverete nel post successivo.
Che vi serva da monito, in ogni caso. Prima di traslocare, appostatevi sui pianerottoli, date retta a me.

Per noi ormai è troppo tardi. Quasi quasi vado a farmi un bianchino.

venerdì 13 settembre 2013

EFFETTI COLLATERALI

Eccoci qua, di nuovo a casa a spassarcela alla grandissima.
Non starò certo qua a lamentarmi di aver passato un mese in Messico, peeeeerò…
Però lasciate almeno che vi dica che la cosa ha i suoi effetti collaterali.
Sorvoliamo sui più classici come la depressione grave per esser tornata in questa valle di lacrime dove per altro la sera devo già mettermi le maniche lunghe perché “fa freschino”. Lasciamo stare anche il fatto che dopo un mese di festa no stop ho delle crisi di astinenza da party di una certa importanza e se nel weekend le affronto mettendo in croce CHIUNQUE (no, ma CHIUNQUE, ieri ho chiesto anche al giornalaio cosa si faceva venerdì) perché mi porti a fare un po’ di baldoria, in settimana è pure peggio. Roba che mi abbasso a obbligare il cane a fare il trenino in salotto.
Detto ciò, i sintomi che mi danno più problemi sono: il jet lag, le scarpe e il lessico.
E lo so che starete già pensando: Il jet lag? Baaaaanale! Sarà anche banale, cari miei, ma scoprirete presto anche voi, miei stagionati virgulti, che poche cose vi fanno capire che ne avete viste di primavere come l’amico jet lag. Che fino a due anni fa nel giro di 24 ore ero un fiore. Stavolta ho passato due settimana con la faccia che sembrava un quadro di Picasso. Appeso al contrario.
Le scarpe? Le scarpe. Provate voi a passare un mese scalzi o al limite, quando proprio proprio volete fare gli strafashion, con le infradito di plastica e poi ricominciate a mettere le scarpe. Storie di torture stile Guantanamo, altroché. Storie che in aereo non ho OSATO toglierle per non doverle rimettere. E ancora mi aggiro per la città con l’andatura di un travestito che si sta allenando a mettere i tacchi. Solo che io ho le All Star.
E veniamo al piatto forte. Il lessico. Dopo un mese passato a conversare amabilmente nel raffinato spagnolo dei peggiori ignoranti di Playa del Carmen, me ne sono tornata con una parlata tutta mia. Cioè, praticamente non parlo più italiano, per farla breve. I risultati sono due: o mi perdo con lo sguardo nel vuoto a metà di una frase mentre il mio cervello cerca disperatamente (e infruttuosamente, il più delle volte) il sinonimo italiano della parola che ho chiarissima solo in spagnolo o improvviso.
“Improvviso” significa che non me ne accorgo e infilo serenamente vaccate in un terrificante misto italiano-spagnolo in ciò che sto dicendo.
Esempi pratici:
“Stasera SALIAMO?”  (salir=uscire)
“Non siamo riuscite ad entrare perché c’era un CHINGO di gente!” (chingo=un sacco)
“Ho sbattuto contro il PINCHE tavolino del salotto…” (pinche=cazzo di)
Tutto a posto finché non vedo la faccia da “MA CHE CAZZO DICI?!” del mio interlocutore.
E allora la mia di faccia diventa QUESTA:




Anche perché ovviamente non ho idea di  CHE CAZZO HO DETTO.

BENTORNATA va’.

giovedì 22 agosto 2013

POTEVO MORIRE

Cerchiamo di partire dal principio.
Mi si è incastrata la schiena. Ma incastrata proprio. Tipo che non riuscivo a sedermi.
Dopo due giorni di questa benedizione, mi decido evado a comprarmi un antinfiammatorio in farmacia.
La gentilissima farmacista (?) mi da delle pastiglie assicurandomi che avrebbero funzionato da bestia e  raccomandandomi di prenderne almeno due alla volta perché “sono leggere”.
Bene, ne prendo un paio prima di andare in spiaggia e passo IL POMERIGGIO DELLA VITA. Sul serio, stavo DA DIO. Ma rilassata forte, felice felice, in armonia col mondo. Figata.
Torno a casa, faccio la doccia e ne prendo altre due dato che erano passate un po’ di ore e avevo in programma una serata arrogante con le amiche.
Tempo mezz’ora vedevo gli unicorni nel frigo.
Tempo un’ora non avevo le pupille, tremavo come una foglia e sudavo come un husky nel deserto.
Arriva la mia amica e decide che cenare mi avrebbe fatto bene dato che tra l’altro non avevo mangiato nulla tutto il giorno.
Ci sediamo a tavola e il cameriere ci offre due bruschette. Do un morso, sbianco e lo guardo cogli occhi sbarrati (sempre senza pupille). La mia faccia doveva essere discretamente inquietante perché mi prende praticamente in braccio e mi scaraventa in bagno dove riesco ad evitare per un pelo di vomitare in testa a una bambina che stava facendo pipì.
La mia amica ha dovuto fermarsi a dormire da me per evitare che mi lanciassi dal balcone cantando a squarciagola “I BELIEVE I CAN FLY”.
Stamattina mi tremano ancora le gambe e  mi gira tutto, così, per curiosità, ho cercato su internet “l’antinfiammatorio” che mi hanno dato in farmacia:






Se vi prendete la briga di dare un’occhiata, vi salteranno agli occhi paroline come: “codeina”, “oppio”, “narcotico”, “METADONE”.
Ufficiale, mi hanno drogata. In FARMACIA, Santo Dio.
Che se per caso m’impasticcavo un po’ più tardi e ci buttavo su due birre forse a quest’ora stavo cercando di attraversare il confine col Belize convinta di essere inseguita dai nazisti.
Però ho deciso che le tengo. Stasera le rivendo in discoteca, almeno rientro della spesa.

sabato 17 agosto 2013

TRANQUILLI, HO UN PIANO!

Se avete letto i post precedenti, siete già a conoscenza del fatto che la mia ridente dimora messicana cade letteralmente a pezzi.

Ecco qui una foto recente della sola porta che mi separa dal resto del mondo.


Adesso che oltretutto la mia amica è partita e mi ritrovo in questo tugurio tutta sola, l’unica barriera su cui posso contare è il pomello di sotto.
Che, se guardate bene, si sta cedendo pure lui.
Roba che se dormo sul marciapiede praticamente è uguale.
Però non c’è da preoccuparsi.
Anzitutto, qui  si sono davvero attrezzati per farti sentire al sicuro.
Per esempio, si rendono estremamente utili affiggendo le foto dei criminali ricercati fuori dalle banche. Così tu le memorizzi e sei in una botte di ferro.


Poi bisogna riconoscere che mi trovo circondata da facce amichevoli e nient’affatto inquietanti.


E comunque, HO UN PIANO.
Vista la situazione e con il totale supporto degli amici,  al fine di prevenire qualunque minaccia, ho deciso di mantenermi costantemente lucida e vigile:



Perciò … TRAAANQUILLI!!!

martedì 6 agosto 2013

TORNO SUBITO

Bene. La simpatica signora, smaltita la sbronza, è riuscita in qualche modo a mandarci l’elettricista.
Sorvoliamo sul fatto che: doveva arrivare alle nove, alle dieci mi ha chiamata per avvisarmi che sarebbe arrivato alle 10e30 e poi è comparso alle 11e15. Che comunque considerato l’andazzo del posto va già bene.
Traffica un po’, dopodiché mi guarda tutto concentrato e mi fa:”Eh qua c’è sicuramente un corto circuito e però… DOVE?!”
Certo che se lo chiedi a me partiamo malino.
Finalmente la diagnosi: s’è fusa la pastiglia del compressore.
Peccato che per raggiungere il compressore gli serva una scala.
Mica vuoi portartela dietro quando vai a fare un lavoro, no?
Perciò va un ATTIMO  a prendere la scala.
Due ore e mezza dopo mi permetto di chiamarlo per domandargli se aveva intenzione di tornare o tanto valeva che ce ne andassimo in spiaggia.
Mi risponde che sarebbe arrivato “AHORITA”.
Dunque, qua ci sono tre espressioni che devono allarmare qualunque persona di buon senso e sono.
-         AHORITA: adesso.
-         AL RATITO: tra un pochino.
-         AL RATO: tra un po’.
Sappiate primo che in realtà tra le tre di fatto non c’è alcuna differenza e secondo che tutte e tre possono coprire un lasso di tempo INDEFINITO.
C’è gente che mi ha risposto “al rato” nel 2007 e non l’ho ancora vista.
Un “rato” può durare 10 minuti come 3 giorni.
Capirete perciò come mai quando mi sento rispondere “ahorita” mi si gela il sangue nelle vene.
Comunque verso le 20e30 il buon Miguel (che ormai siamo amici) si è fatto rivedere.
A suo favore va detto che il compressore l’ha aggiustato.
Peccato solo che poi la mia amica ha avuto la malsana idea  di dare un’occhiata anche ai ventilatori a pale (ricordate? Quelli che aveva già “guardato” l’amica padrona di casa).
Complimenti, buona idea! Così ANCHE LUI è salito in piedi sul letto con le scarpe (che aveva la scala se l'è ricordato in un secondo momento) eeeeeeee…. Rullo di tamburi… Anche lui per non saper né leggere né scrivere…. LO GIRA CON LA MANINA!!!
Segue prova fotografica, non perdete la prossima puntata di “QUI NON FUNZIONA NIENTE, MA AHORITA LO AGGIUSTIAMO!”




giovedì 1 agosto 2013

BIENVENDAS A MEXICO!!!

Et voilà, sono un’altra volta in Messico.
La vacanza è iniziata nel migliore dei modi, soprattutto grazie alla nota puntualità e precisione dei locali.
Dopo aver aspettato 45 minuti che finalmente partisse il “colectivo” che doveva portarci da Cancun a Playa del Carmen, abbiamo aspettato un paio d’ore la tipa dell’agenzia che doveva portarci le chiavi di casa. Le 20 ore di viaggio, le valige e il clima temperato hanno reso il tutto ancora più piacevole.
Finalmente la graziosa signora arriva. Poverina, era ad una festa, puoi mica pretendere …
Entriamo in casa, beh dai, bella!
C’è da dire che in questa casa c’è proprio tutto.
Peccato che non funzioni NIENTE.
Condizionatori COMPRESI. La gentile signora non se ne capacita perché “fino ad oggi pomeriggio funzionava tutto, giuro”.
Mortificata, inizia a cercare di smontare il quadro del contatore con un paio di forbici.
Ops, dimenticavo di rendervi partecipi di un dettaglio da nulla. La dolce signora è UBRIACA MARCIA.
Dopo 20 minuti in cui gli unici risultati che rischiava di ottenere erano cavarsi un occhio con le forbici o morire folgorata, decidiamo di convincerla a lasciar perdere.
Ella passa allora ad esaminare i ventilatori a pale da soffitto (eh sì, non funzionanti anche quelli). Per far ciò si arrampica barcollando pesantemente, con le scarpe ovviamente (zeppe, ovviamente), e col vestitino carinamente infilato in mezzo al culo (già mezzo di fuori) sul letto della mia amica.
Constatando che la situazione ventilatori a pale è senza speranza quasi come lei, si mette a farlo girare pateticamente con la manina in un debole e disperato tentativo di dimostrarci che però “un pochino funziona”.
Cacciata a calci, con un pietoso “va beh, ne parliamo domani”.
Usciamo mezzo minuto per comprare almeno una cazzo di bottiglia d’acqua (eh sì, a quel punto la finezza era bell’e che andata a fare in culo).
Al ritorno, restiamo intrappolate nella terra di mezzo. Perché la porta di casa non si apre più, completamente bloccata. E il cancello neanche.
Bella immagine, io che scuoto il cancello sclerando e la mia amica un piano più in su che degenera senza ritegno scuotendo la porta.
Dopo tre minuti di follia collettiva, il premio “esaurimento” va alla mi amica che cede e BUTTA Giù LA PORTA A SPALLATE, facendo saltare serratura, telaio e pezzo di muro.




Perfetto, magari la tv guardiamo domani se funziona.